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MESSINA – Al SabirFest ricordato Angelo Tripodo

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di Corrado Speziale

“Ricerca e/è ascolto. Un percorso di parole, immagini e suoni dedicato ad Angelo Tripodo”. Il batterista messinese, scomparso il 18 gennaio di quest’anno, è stato ricordato nel corso della prima giornata del SabirFest, nella sezione “Vuoti di memoria”. Due brevi ma intense esibizioni, nel segno della creatività e dell’improvvisazione, rispettivamente del duo inedito dei pianisti Giovanni Renzo – Luciano Troja e dei batteristi Francesco Ghirlanda – Giuseppe Risitano, hanno caratterizzato la parte musicale. Proiettato un bellissimo video sul Laboratorio Suono & Ritmo, creato nel 1991 da Angelo Tripodo e Giovanna La Maestra, con immagini di ieri e di oggi sul progetto di integrazione tra musicisti e ragazzi disabili. Katia Pastura, di SabirFest: “Il vuoto lasciato da Angelo non va riempito, va fatto mutare, è lo spazio della metamorfosi”. Giovanna La Maestra: “Con Angelo abbiamo costruito tutto sull’importanza della relazione. Solo così il ritmo di ciascuno trovava posto”.      

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Di Angelo Tripodo a Messina resta il ricordo indelebile del musicista, del batterista, ma prima di tutto dell’uomo che ha considerato il ritmo, la ricerca, l’ascolto, la sperimentazione, la contaminazione, come strumenti fondamentali di un progetto di vita: un tutt’uno tra arte e umanità.

“Il ritmo è per me un ciclo nel quale insorgono una o più alterazioni. Da esse nasce lo slancio che ne mantiene il moto. Il ritmo è diventato lo strumento per cercare di entrare in contatto con questa magnifica danza di cicli ricorsivi…”. Così diceva Angelo Tripodo e così sta scritto nel testo che accompagna le immagini montate in un video, “All’inizio il suono”, proiettate in occasione dell’omaggio che gli è stato tributato nella prima giornata del SabirFest, mega-rassegna di eventi sulla “Cultura e cittadinanza mediterranea” in corso di svolgimento presso varie sedi in città fino a domenica 9, prima di spostarsi a Catania.

L’evento sul musicista, scomparso il 18 gennaio di quest’anno, si è svolto giovedì sera nella sala nord del Monte di Pietà, per l’occasione gremita di amici, collaboratori e appassionati di musica che non hanno voluto mancare questo appuntamento con il ricordo, con la memoria. A scanso di equivoci: nessuna retorica, nessun conformismo né stereotipo da rispettare. Non era nei modi di Angelo, non era nelle sue “corde”. A maggior ragione certi vincoli contrastavano col suo genio, sempre pronto a comporre e realizzare ritmi, ad aprire spazi sempre nuovi. Così come non condizionavano le sue bacchette, che faceva scorrere sul rullante o vibrare sullo steel drum. Ne sono la riprova le sue passioni: Ed Blackwell, Ornette Coleman, Lester Bowie. E le figure dei grandi con cui intratteneva rapporti storici e ai quali talvolta si è affiancato, come Paolo Fresu.

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Sempre a scanso di equivoci, visto il titolo della sezione, “Vuoti di memoria”, l’organizzatrice del SabirFest, Katia Pastura, così ha presentato l’evento: “Il vuoto lasciato da Angelo non va riempito, va fatto mutare, è lo spazio della metamorfosi”. Ben detto. E da tale naturale vocazione, con tanto di ricerca e senso di “prossimità” al “dopo”, al divenire, non possono certo esimersi gli amici musicisti che hanno partecipato alla serata: i pianisti Giovanni Renzo e Luciano Troja; i batteristi Francesco Ghirlanda e Giuseppe Risitano. Il duo di pianisti, inedito per l’occasione, si è espresso con un progetto per piano ed effetti sonori e visivi. Piano e computer, note ed effetti audiovisivi, suoni circolari che accompagnano immagini che formano e dissolvono figure, anche musicali. Giovanni Renzo con Tripodo ha condiviso una storia ultratrentennale: “La memoria – ha detto il pianista – ci fa da stimolo per andare ‘oltre’. Una delle nostre ultime sperimentazioni faceva ricorso a nuove tecnologie che privilegiavano l’aspetto audiovisivo. Adesso proseguiamo in questa sperimentazione”. A seguire, i batteristi, gli allievi cui Tripodo ha affidato la sua eredità artistica: Francesco Ghirlanda e Giuseppe Risitano. L’esibizione del duo, in virtù della valenza emozionale ed artistica della composizione che “scorreva” sui loro rullanti, è stata straordinaria: otto dei dieci pezzi che Angelo Tripodo compose per due rullanti – una vera preziosità – più un’improvvisazione degna del loro maestro, in linea con i suoi insegnamenti, sono stati eseguiti per la prima volta in pubblico.

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Dopodiché, il video sulla storia e il presente del Laboratorio Suono & Ritmo, creato nel 1991 da Angelo Tripodo e Giovanna La Maestra, sua inseparabile compagna nell’arte e nella vita. Il laboratorio, che ha sede presso la Casa del Con di via Maddalena, si sviluppa su un progetto d’eccellenza, di integrazione tra musicisti e ragazzi disabili interessati all’improvvisazione musicale. In esso, oltre a Giovanna La Maestra, che si occupa di educazione corporea e improvvisazione vocale, ed il pianista e compositore Luciano Troja, esperto di improvvisazione creativa, vi operano Francesca Billè, psicopedagogista ed esperta di espressione creativa, ed Eva Buttà, insegnante ed esperta di globalità dei linguaggi. La programmazione della LIM, in forza al centro, è invece opera di Fabio Bedulli. Nomi d’eccellenza si annoverano tra i collaboratori dove, tra le altre, spiccano le figure di Paolo Fresu e Alessandra Giura Longo.

Il video, in cui scorrono immagini del passato e del presente del laboratorio, dense d’umanità e di professionalità, è stato girato da Pierpaolo Cimino, che col gruppo collabora da musicista, e montato da Giovanna La Maestra sui testi scritti da Angelo Tripodo.

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Sul rapporto con i ragazzi, il ricordo di Giovanna La Maestra: “Angelo non si è mai permesso di suonare con loro considerandoli ‘poco capaci’. Per noi era necessaria un’educazione ambientale”. Ed ha accennato all’importanza della relazione nella complessità, così come si affrontava. “Con Angelo abbiamo costruito tutto sull’importanza della relazione. Solo così il ritmo di ciascuno trovava posto”. Qualche accenno, infine, sulla nascita del loro rapporto artistico: “Ci siamo confrontati innanzitutto su come affrontare la tradizione. Io lavoravo sui suoni del Mediterraneo, lui amava le contaminazioni del Jazz. Così, abbiamo deciso che la ‘tradizione’ fosse possibile solo se costantemente ‘aiutata’…Per Angelo il suono significava incontro”.

 

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