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INTORNO AL CASO TELEJATO – Mafiosi, Traditori e Opportunisti

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   lo iacono pino maniaci (1)

di Nino Lo Iacono

 lo iacono pino maniaci (4)

Mi ha addolorato tantissimo venire a conoscenza delle vicende che hanno coinvolto Pino Maniaci.

Ho conosciuto Pino a Palermo nel 2010 durante una presentazione di alcuni miei libri, fra i quali “Papillon e cravattari”, un romanzo che parla di pizzo e di estorsioni.

A invitare Pino è stato il Presidente di “Addio Pizzo” Enrico Colajanni.

La manifestazione si tenne al  Kursaal Kalesa caffè letterario di Palermo, una location meravigliosa nella quale si  svolgono importanti manifestazioni culturali .

In quella occasione il Direttore di Telejato, intervistò me e i due relatori,  oltre che lo stesso Colajanni e mi invitò a presentare “Papillon e cravattari” alla sua televisione, cosa che feci circa un mese dopo.

lo iacono pino maniaci (3)

L’intervento di Pino Maniaci fu chiesto da Colajanni perché rappresentava la continuità di Peppino Impastato  nella terra in cui opera Telejato.

Peppino Impastato fu vittima della mafia per averne denunciato misfatti e crimini.

Maniaci era impegnato nello stesso lavoro con la sua televisione, per cui tutto ciò che riguardava lotte al pizzo e all’estorsione faceva parte dei  suoi obiettivi.

Il mio romanzo trattava queste tematiche , da qui l’interesse  delle organizzazioni anti pizzo.

Maniaci e la sua TV rientravano ,pertanto, fra i grandi avversari della criminalità organizzata siciliana.

La presenza di queste persone esposte in prima linea in questa lotta impari, fu per me motivo di orgoglio.

Oggi leggo la notizia e vedo i filmati dei Carabinieri  che incastrano Pino Maniaci mentre, pare,  sia passato dalla parte di quelli che dovevano essere i suoi unici avversari.

E’ come se l’antimafia per eccellenza si fosse trasformata in mafia.

lo iacono pino maniaci (1)

La cronaca di questi ultimi mesi mi riporta alla mente  indagini e provvedimenti punitivi, restrittivi fra gli stessi giudici, inchieste su grosse personalità dell’imprenditoria siciliana con coinvolgimento di politici importanti, tutti paladini dell’antimafia .

Le indagini  e le inchieste in corso accusano e coinvolgono queste persone direttamente in azioni tipiche e proprie della migliore organizzazione mafiosa, quella dei colletti bianchi, quella che si pratica nei posti del potere.

In questo calderone rientra anche quello della stampa.

Il dolore e la tristezza che mi hanno assalito hanno trovato il momento scatenante proprio nello stesso attimo in cui la sommatoria di questi eventi mi ha dato la certezza di ciò che sostengo da anni.

E’ duro accettare le prove che personalità di questo calibro, con le loro azioni, ci stanno consegnando, ma se questa è la  realtà che oggi ci presenta la cronaca,essa si scontra con le speranze degli onesti.

Tutto ci conferma che in tanti sono saliti sul sempre più lungo treno dell’antimafia per ricavarne benefici personali, fare carriera fra gli intrigati meandri della burocrazia e proporsi quali alfieri dell’antimafia nella politica attiva.

Il delirio di potenza dei professionisti dell’antimafia ha contagiato tutti, dalle associazioni antiraket ai politici di rango.

Tutti potenti in forza di una lotta al nemico comune ,dal quale però si è rimasti infettati. Si sono acquisiti scienza, mezzi e sistemi per imporre le proprie insane voglie, per affiancare il crimine e, in certi casi, sostituirsi o accavallarsi ad esso.

lo iacono pino maniaci (2)

Si sono create alleanze e comparanze per collaborare nel consolidamento della mafia dell’antimafia.

La logica porterebbe a ipotizzare  una trasformazione di cosa nostra, ad un suo adattamento alle contingenti necessità del momento storico.

Sono convinto che non è così.

La storia ci insegna che la mafia, quella vera, quella che ha danneggiato la Sicilia, non è rappresentata dai gangster che si uccidono fra di loro per difendere affari commerciali più o meno leciti.

Questi difendono le proprie attività con i mezzi che la cultura delinquenziale ha loro trasmesso, cultura che di solito si acquisisce in famiglia.

Sono una macchia ma non quella più  grande.

La mafia che ha danneggiato la Sicilia è il modo con il quale la politica o i potenti di turno hanno gestito la cosa pubblica siciliana.

Certo quando la mafia armata, ha interessi anche nella imprenditoria edile o comunque coincidenti con quelli partitici, la cui concretizzazione dipende dalla pubblica amministrazione e/o dalla politica, il  contatto è inevitabile e la collusione consequenziale.

Oggi siamo davanti ad una immensa orgia mafiosa, nella quale pezzi dello Stato, delle organizzazioni imprenditoriali e della stampa sono venuti in contatto con cosa nostra  in maniera violenta e virulenta.

Un contagio che non lascia spazi a pensieri sani.

Insane azioni impiantate da infedeli e gestite da opportunisti e traditori.

Queste scoperte, queste indagini della magistratura e delle forze dell’ordine, se  da un lato ci trasmettono fiducia, dall’altro lato ci incutono paura.

pino_maniaci_2

Il timore che non finisca qui è dietro l’angolo.

La convinzione che in questa nostra terra sia da estirpare qualcosa che ne sta contaminando i tessuti fino alla loro radice, si percepisce  dai discorsi della gente comune.

Non bastano i nuovi partiti, le nuove associazioni, i nuovi raggruppamenti.

Quando venti anni fa, inventammo nuove bandiere e mandammo ad occupare posti di responsabilità i giovani di allora,cioè la nuova classe dirigente, che avrebbe dovuto sostituirsi alla vecchia, creduta corrotta e collusa con la mafia, o abbiamo sbagliato organizzazione oppure abbiamo sbagliato persone.

Ci siamo illusi che il solo ricambio generazionale fosse sufficiente per risolvere il problema, invece tutto è rimasto come prima se non addirittura peggiorato.

Hanno issato nelle ideali sedi della mafia, il vessillo dell’antimafia, ma nulla di più.

Credo che sia utopistico immaginare  soluzioni che possano risolvere in un sol colpo i gravi mali di questa Isola, che lungi da essere buttanissima,  è martire, trafitta ogni giorno dai dardi che una infima classe dirigente mette al proprio arco, scorticata dai barbari che ne gestiscono il potere.

Mi ritorna in mente Dante quando definisce la penisola italiana “ Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di provincie, ma bordello!”

Basterebbe sostituire Italia con Sicilia, per avere un’immagine completa di com’è oggi  questa terra.

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Forse invece di organizzare ogni anno,navi cariche di studenti che credono nell’antimafia e inondare Palermo di slogan e striscioni, i cui contenuti oggi suonano di beffa, sarebbe meglio valutare di riempire navi e treni per dare vita ad una diaspora in grado di distribuire nei posti più reconditi e isolati del pianeta, tutti coloro che direttamente o indirettamente stanno ancora inquinando le nostre istituzioni e il nostro tessuto produttivo, obbligandoli a guadagnarsi il pasto quotidiano dissodando la terra.

Per la delinquenza comune basta il carcere, ma per i colletti bianchi è necessario il duro esilio in posti privi di qualsiasi tipo di comunicazione.

E’ necessario estirpare dalle radici il seme della mala pianta.

Nonostante questo momentaneo stato di scoramento, che credo stia attraversando la stragrande maggioranza dei Siciliani, perché onesti, ho ancora fiducia.

Ormai da decenni ragiono su queste cose, e sono convinto che questa bellissima terra farà tesoro delle sue memorie.

Da queste esperienze , l’isola dovrà e potrà risorgere, prosperare con i mezzi che i nostri antenati e madre natura ci hanno messo a disposizione, senza chiedere niente a nessuno, estromettendo dalla gestione i traditori e gli opportunisti  di turno, giacchè la vera mafia sono loro.
lo iacono maggio  (4)

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