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PILLOLE DI GRANDE LETTERATURA – Il “Cinque Maggio” di Manzoni

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manzoni 1

Analisi del testo, spiegazione e commento dell’ode, a cura di Alessandro Mazzini.

manzoni 2

La lirica è stata scritta di getto da Manzoni subito dopo aver appreso, sulle colonne della «Gazzetta di Milano» del 17 luglio 1821, la notizia della morte di Napoleone Bonaparte, avvenuta il 5 maggio precedente.

Obiettivo dell’ode non è tanto glorificare la figura straordinaria del generale francese, né suscitare la commozione per la sua morte (del resto, già con Marzo 1821 il poeta aveva chiarito di non essere tra gli ammiratori dei dominatori stranieri in Italia…), quanto sviluppare attraverso la figura di questo “uom fatale” (v. 7) una personale riflessione sui limiti dell’agire umano e sul grande disegno della Provvidenza divina, cui occorre, cristianamente, adeguarsi. Ed è a partire da questa lettura tra etica e storia della figura del generale francese che l’ode sviluppa tematiche che, negli stessi anni, troviamo sia nelle tragedie (il Conte di Carmagnola e l’Adelchi su tutte) sia nel Fermo e Lucia, primo nucleo dei Promessi Sposi.

Metro: Strofe geminate di settenari, rimati secondo lo schema abcbde fghgie. I versi dispari sonosdruccioli, quelli pari sono piani, l’ultimo è tronco. 

manzoni 3

  1. Ei 1 fu. Siccome immobile,
  2. dato il mortal sospiro,
  3. stette la spoglia immemore 2
  4. orba di tanto spiro,
  5. così percossa, attonita
  6. la terra 3 al nunzio sta,
  7. muta pensando all’ultima
  8. ora dell’uom fatale;
  9. né sa quando una simile
  10. orma di piè mortale
  11. la sua cruenta polvere 4
  12. a calpestar verrà.
  13. Lui folgorante in solio 5
  14. vide il mio genio 6 e tacque;
  15. quando, con vece assidua,
  16. cadde, risorse e giacque 7,
  17. di mille voci al sonito
  18. mista la sua non ha:
  19. vergin 8 di servo encomio
  20. e di codardo oltraggio,
  21. sorge or commosso al subito
  22. sparir di tanto raggio:
  23. e scioglie all’urna 9 un cantico 10
  24. che forse non morrà.
  25. Dall’Alpi alle Piramidi,
  26. dal Manzanarre al Reno 11,
  27. di quel securo 12 il fulmine
  28. tenea dietro al baleno;
  29. scoppiò da Scilla 13 al Tanai 14,
  30. dall’uno all’altro mar 15.
  31. Fu vera gloria? Ai posteri
  32. l’ardua sentenza 16: nui
  33. chiniam la fronte al Massimo
  34. Fattor 17, che volle in lui
  35. del creator suo spirito
  36. più vasta orma stampar.
  37. La procellosa e trepida 18
  38. gioia d’un gran disegno,
  39. l’ansia d’un cor che indocile
  40. serve 19, pensando al regno;
  41. e il giunge, e tiene un premio
  42. ch’era follia 20 sperar;
  43. tutto ei provò 21: la gloria
  44. maggior dopo il periglio,
  45. la fuga 22 e la vittoria,
  46. la reggia e il tristo esiglio 23:
  47. due volte nella polvere,
  48. due volte sull’altar.
  49. Ei si nomò 24: due secoli,
  50. l’un contro l’altro armato 25,
  51. sommessi a lui si volsero,
  52. come aspettando il fato;
  53. ei fe’ silenzio, ed arbitro
  54. s’assise in mezzo a lor.
  55. E sparve, e i dì nell’ozio
  56. chiuse in sì breve sponda 26,
  57. segno d’immensa invidia
  58. e di pietà profonda,
  59. d’inestinguibil odio
  60. e d’indomato amor 27.
  61. Come sul capo al naufrago
  62. l’onda s’avvolve e pesa,
  63. l’onda su cui del misero,
  64. alta pur dianzi e tesa,
  65. scorrea la vista a scernere
  66. prode remote invan 28;
  67. tal su quell’alma il cumulo
  68. delle memorie scese!
  69. Oh quante volte ai posteri
  70. narrar se stesso imprese,
  71. e sull’eterne 29 pagine
  72. cadde la stanca man!
  73. Oh quante volte, al tacito
  74. morir d’un giorno inerte,
  75. chinati i rai fulminei,
  76. le braccia al sen conserte,
  77. stette 30, e dei dì che furono
  78. l’assalse il sovvenir!
  79. E ripensò le mobili
  80. tende 31, e i percossi valli,
  81. e il lampo de’ manipoli,
  82. e l’onda dei cavalli,
  83. e il concitato imperio,
  84. e il celere ubbidir 32.
  85. Ahi! forse a tanto strazio
  86. cadde lo spirto anelo,
  87. e disperò: ma valida
  88. venne una man dal cielo,
  89. e in più spirabil 33 aere
  90. pietosa il trasportò 34;
  91. e l’avviò, pei floridi
  92. sentier della speranza,
  93. ai campi eterni, al premio
  94. che i desideri avanza,
  95. dov’è silenzio e tenebre
  96. la gloria che passò.
  97. Bella Immortal 35! benefica
  98. fede ai trionfi avvezza!
  99. scrivi ancor questo, allegrati;
  100. ché più superba altezza
  101. al disonor del Golgota
  102. giammai non si chinò 36.
  103. Tu dalle stanche ceneri
  104. sperdi ogni ria 37 parola:
  105. il Dio che atterra e suscita,
  106. che affanna e che consola,
  107. sulla deserta coltrice
  108. accanto a lui posò 38.

1 Ei: Per riferirsi a Napoleone Bonaparte (1769-1821), Manzoni sceglie volutamente un pronome personale di gusto solenne e letterario: da un lato, l’evento della morte del generale ed imperatore è così importante da non rendere neanche necessario specificare chi sia il soggetto, e dall’altro questa scelta stilistica permette di conferire al Cinque maggio un incipit severo ed ineluttabile.

2 immemore: in questo termine si può vedere un’anticipazione di ciò che verrà detto dopo (dal v. 67 in poi, dove Manzoni appunto svilupperà il tema della memoria delle imprese napoleoniche e della solitudine del grande condottiero costretto all’esilio a Sant’Elena).

3 terra: sineddoche (figura retorica che sostituisce un termine con un altro collegato al primo da un legame di quantità, come il contenente per il contenuto) con cui si allude all’intera umanità, esterefatta e basita per la morte di Napoleone.

4 cruenta polvere: il suo percorso, la sua vita legata alle battaglie e allo spargimento di sangue.

5 solio: latinismo per indicare il soglio imperiale, cui Napoleone arrivò con l’incoronazione del 2 dicembre 1804.

6 il mio genio: la mia poesia; è il soggetto della frase da cui dipendono i verbi “vide” e “tacque”. Genio èmetonimia per poesia, ed è ripreso (con gusto neoclassico tipico del tempo) dal significato latino diingenium (“talento, disposizione naturale, qualità”).

7 Con questi due versi il Manzoni vuole fare riferimento alla sconfitta di Lipsia del 1813, che causò la prima caduta dell’imperatore, alla successiva ripresa del potere nel cosiddetto periodo dei “Cento giorni” (20 marzo-8 luglio 1815) ed alla definitiva sconfitta di Waterloo il 18 giugno 1815.

8 Il soggetto di questa strofa è sempre “il mio genio” (v. 14), cioè la poesia di Manzoni.

9 urna: la tomba, con uso di un termine neoclassico (che ad esempio compare anche nel carme I sepolcri di Ugo Foscolo, vv. 1-3: “All’ombra de’ cipressi e dentro l’urne | confortate di pianto è forse il sonno | della morte men duro?”).

10 cantico: già dalla scelta del termine traspare la linea di lettura dell’autore sulle vicende napoleniche: un senso alla sua mirabolante vicenda terrena, conclusasi nell’esilio e nella sconfitta, può essere dato solo dalla prospettiva trascendente della fede.

11 dal Manzanarre al Reno: sono due fiumi; il primo scorre vicino a Madrid, con riferimento quindi all’occupazione napoleonica della Spagna, il secondo scorre in Germania, dove Napoleone colse straordinari successi (si pensi alle battaglie di Ulm, nell’ottobre del 1805, e Jena, nell’ottobre dell’anno successivo).

12 securo: l’anticipazione mette in risalto il termine, che qui è legato ad una metafora che spiega come, nel trionfo di Napoleone, l’ideazione e la messa in atto dei piani di dominio si susseguissero immediatamente come il fulmine segue il tuono. Manzoni sottoliena così la genialità strategica e militare del generale francese.

13 Scilla: località vicino a Reggio Calabria, nei pressi dello stretto di Messina; sta ad indicare la grande espansione dell’impero napoleonico.

14 Tanai: è il Don, uno dei principali fiumi europei: scorre in Russia e sfocia nel Mar Nero.

15 dall’uno all’altro mar: anche questa espressione sta ad indicare l’estensione del potere regale di Napoleone.

16 I due versi del Cinque maggio, divenuti proverbiali, segnano il passaggio dalla rievocazione rapida delle imprese di Napoleone in terra all’interrogazione dubbiosa, da parte del poeta, sul senso e il significato, in una prospettiva universale, di eventi che hanno cambiato il mondo.

17 Massimo Fattor: l’introduzione del “Massimo Fattor” (cioè, di Dio) nel ragionamento di Manzoni indica che per il poeta il giudizio conclusivo sulla “vera gloria” (v. 31) di Napoleone Bonaparte non può affatto essere scollegato dal senso che questi eventi hanno all’interno del disegno provvidenziale di Dio, che attraverso di lui ha lasciato “più vasta orma” (v. 36) del suo operato.

18 Questa strofa è retta dalla proposizione “Tutto ei provò” (v. 43), che si trova all’inizio della strofa successiva.

19 l’ansia d’un cor che indocile | serve: cioè, l’animo combattivo di Napoleone si sottomette a fatica alle imposizioni della sorte o della volontà altrui, perché tende risolutamente a realizzare il proprio disegno.

20 follia: l’ascesa di Napoleone al potere imperiale doveva essere un disegno “folle” per le mille difficoltà della grandiosa impresa politico-militare, e suscitare passioni contrastanti (appunto “la procellosa e trepida gioia”, vv. 37-38).

21 Tutto ei provò: la rassegna degli eventi positivi o negativi del regno di Napoleone caratterizzano la strofe, costruita su fitte antitesi e parallelismi.

22 fuga: qui il riferimento è alla sconfitta della campagna di Russia del 1812 e alle successive di Lipsia(1813) e Waterloo (1815).

23 esiglio: il periodo in cui Napoleone fu esiliato prima sull’isola d’Elba (1814) e poi a Sant’Elena (1815). Il tema della successione di glorie e sconfitte per i potenti torna anche nell’Adelchi.

24 Ei si nomò: Napoleone si impose da sé un nome (oltre che il titolo di imperatore, incoronandosi da solo) e fu artefice del proprio destino. Convivono così nel personaggio la grandezza degli obiettivi imposti e raggiunti e la superbia di fronte a Dio per questi stessi risultati.

25 due secoli | l’un contro l’altro armato: il secolo XVIII e XIX cui Manzoni si riferisce sono contrapposti in quanto, schematicamente, il Settecento è il secolo della Rivoluzione francese e trionfo degli ideali illuministici mentre la prima parte dell’Ottocento si caratterizza per la “restaurazione” del potere aristocratico-nobiliare.

26 e i dì nell’ozio | chiuse in sì breve sponda: i giorni d’esilio di Napoleone potevano essere destinati solamente all’ozio forzato, in quanto recluso nella sperduta isola di Sant’Elena, in mezzo all’Oceano Atlantico.

27 Questi quattro versi enfatizzano e mettono in risalto una forte dicotomia tra due poli oppositivi espressi: “invidia – pietà | odio-amore”. Queste strutture sono presentate con struttura chiastica ai vv. 57-58 ed invece con un parallelismo ai due versi successivi (vv. 59-60).

28 invan: in questa strofa il termine “invan” può essere inteso in due modi differenti. La prima interpretazione può essere che il naufrago non riesce nemmeno a scorgere l’approdo; la seconda invece intende che lo strazio del naufrago aumenta quando egli, pur vedendo il porto (e la salvezza) capisce di non poterlo raggiungere.

29 eterne: imprese che non si potranno da dimenticare, ma anche imprese lunghissime a scriversi. Durante l’ultimo esilio, Emmanuel de las Cases raccolse effettivamente memorie ed opinioni di Napoleone nel Memoriale di Sant’Elena, che cominciò a circolare dopo la morte del generale.

30 stette: con questo verbo si vuole mettere in contrapposizione la velocità e la rapidità dei ricordi di Napoleone e la sua staticità fisica, quando riflette sul “sovvenir”, cioè il ricordo delle glorie e del potere.

31 mobili tende: gli accampamenti spostati in fretta da un campo di battaglia all’altro.

32 Questa strofa presenta una serie di azioni, tipiche di uno scontro di battaglia, elencate e rese incalzanti dalla congiunzione coordinativa “e”, posta sempre ad inizio del verso, e dal ritmo binariodella strofe.

33 spirabil: “respirabile, vitale”; è un latinismo.

34 La strofa esplicita la prospettiva di fede attraverso cui è riletta la vita di Napoleone: il tormento del potere viene alleviato e purificato dalla provvidenziale “man del cielo” che trasporta il generale in cielo.

35 Bella Immortal!: è una personificazione della Fede.

36 Chè più superba altezza | al disonor del Golgota | Giammai non si chinò: costruzione: “Ché giammai una più superba altezza non si chinò al disonore del Golgota” ovvero, “perchè mai nessun uomo così superbo e grande al pari di Napoleone si inchinò davanti alla croce di Cristo”. L’interpretazione della figura di Napoleone è allora quello di un grande uomo della Storia che però ha saputo, negli ultimi frangenti dolorosi della sua vita terrena, chinare il capo al “disonor del Golgota”, cioè alla croce simbolo di Cristo e della Fede, rinunciando al proprio superbo orgoglio.

37 ria: empia, con riferimento alle azioni commesse in vita da Napoleone ed alle passioni violente che suscitarono le sue imprese.

38 La morte solitaria di Napoleone, sorretto solo dalla provvidenziale presenza di Dio, deve allontanare da lui e dalla sua figura ogni giudizio malevolo od ipocrita, poiché egli ha saputo intuire che la vera grandezza è quella dei cieli, e non quella del mondo terreno.

manzoni 5

 

Il Cinque Maggio viene composta da Manzoni “di getto”, cosa eccezionale per lui, appena pervenuta la notizia dell’avvenuta morte il 5 maggio 1821, di Napoleone Bonaparte.

La notizia appunto scosse profondamente Manzoni e quest’ode diede anche nel panorama europeo una rappresentazione in qualche modo ed un’interpretazione più che altro definitiva in merito al senso dell’esperienza e del vissuto di Napoleone; basti pensare che fu subito tradotta da Goethe in tedesco proprio perchè ne riconobbe la profondità e l’altezza di ispirazione. E’ significativo che la struttura metrica del Cinque Maggio sia la stessa che Manzoni utilizzerà per il coro dell’atto IV dell’Adelchi, cioè “Sparse le trecce morbide”.

Significativo perchè entrambi i testi, in qualche modo, da prospettive diverse ovviamente, affrontano il tema dell’eroismo, e lo demistificano. L’opera di Manzoni in generale si può concepire come un’opera tesa alla costante demistificazione di tante idee legate a tradizioni anche nobili e consolidate, ad esempio appunto il tema dell’eroismo. Quel tema dell’eroismo delle grandi personalità, la cui azione nella storia non significa altro che spargimento di sangue, che perpetuazione di sofferenze.

Anche Ermingarda, che pure non parteciperà alle azioni politiche del suo popolo, in qualche modo, come dirà appunto il coro a cui facevo riferimento prima, parteciperà della logica che agli occhi di Manzoni spiega la dinamica storica e cioè la logica per cui o si è oppressi o si è oppressori, o si agisce nella storia, e per fare questo si compie il male o ci si rifiuta di compiere il male e si è oppressi.
In qualche modo anche Napoleone, che si è comportato per tutta la vita da oppressore, pur con la grandezza delle sue imprese alla fine diventa un oppresso, oppresso da se stesso, oppresso dal suo passato, oppresso dalla sua sconfitta, oppresso soprattutto, come dice in conclusione dell’ode, dal ricordo della sua esperienza. Quando infatti Manzoni immagina gli ultimi giorni di Napoleone lo vede come un uomo che è superato, che è vinto dal ricordo delle sue grandi imprese che ora gli appaiono come un fallimento.

E’ significativo sotto questo aspetto soffermarsi brevemente sull’attacco dell’ode:“Ei fu”. In qualche modo la forte pausa dopo il verbo isola l’espressione, che è un’espressione di profonda antitesi, un’espressione potremmo dire ossimorica.

“Ei”, non c’è bisogno neanche di nominarlo. “Ei” che recupera la funzione dell’is latino, quel grande, quel famoso, quell’eroe così immenso che non occorre neanche nominare, fu, è morto.

Anche la grandezza più grande che la dimensione umana possa attingere, scompare. In effetti tutta l’ode è un susseguirsi di antitesi tra stasi e movimento, tra luce e tenebra.

Manzoni, con un potentissimo scorcio, rievoca le imprese che hanno percorso buona parte del mondo, quelle imprese che vanno “Dall’Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno”, quelle imprese che sono state commesse da  “quel securo” che è assimilato addirittura alla potenza del fulmine.

Viene infatti detto: “di quel securo il fulmine tenea dietro al baleno;  scoppiò da Scilla al Tanai, dall’uno all’altro mar.”

E al verso 31 una prima pausa di riflessione relegata ad una domanda drammatica: “Fu vera gloria? Ai posteri l’ardua sentenza nui chiniam la fronte al massimo Fattor, che volle in lui del creator suo spirito più vasta orma stampar.” In qualche modo la grandezza di Napoleone contiene una scintilla dell’onnipotente spirito creatore di Dio. Eppure è un uomo, eppure è fallito.

Un altro degli elementi interessanti di quest’ode è il fatto che in qualche modo è concepita come una sorta di Inno sacro, cioè come gli Inni Sacri ricordavano un evento nella storia, per quanto nella storia sacra, ma avvenuto nella storia che abbia cambiato il mondo, così in qualche modo la vicenda storica di Napoleone comporta una profonda riflessione nel “noi”, come appunto avviene negli Inni Sacri, che sono costruiti sulla base di una riflessione che il “noi” fa sull’evento sacro ricordato.

Qui siamo nella storia certo, ma un evento storico così potente e così drammatico che comporta una riflessione in un “noi” che coglie in questa vicenda un riflesso di una norma universale. Questa norma universale che a partire dal verso 55, pone in luce l’inganno dell’eroismo e della dinamica storica.

Infatti il verso 55 si apre con una “E” che in realtà ha una forte valenza avversativa. Dopo aver ricordato le grandi imprese compiute da Napoleone, Manzoni osserva: “E sparve”, ricollegandosi così alla formula incipitaria “Ei fu”. “e i dì nell’ozio | chiuse in sì breve sponda, | segno d’immensa invidia | e di pietà profonda, | d’inestinguibil odio | e d’indomato amor.”

E allora vediamo Napoleone che a fronte del suo fallimento sta per crollare sotto il peso dei suoi ricordi. Infatti osserva al verso 69:” Oh quante volte ai posteri Narrar se stesso imprese, E sull’eterne pagine Cadde la stanca man!”. Un’ immagine di cui si ricorderà il Manzoni proprio in conclusione del Natale 1833 citando il verso virgiliano “cecidere manus”: “Oh quante volte, al tacito morir d’un giorno inerte, chinati i rai fulminei, le braccia al sen conserte, stette, e dei dì che furono l’assalse il sovvenir!”

Il ricordo della grandezza passata diventa umanamente insostenibile. Niente sembra meno accettabile di un uomo che, illusosi di poter attingere ad una sfera superiore, quasi una sorta di antico eroe greco che si macchia di hybris, cioè del travalicamento dei limiti imposti dagli dei all’uomo, deve fare i conti con la propria umanità ritrovata che lasciata a se stessa è un fallimento. Ma ecco che proprio nel momento del fallimento, il momento della fine, in realtà sia rinascita in un’ottica di fede.

Dio si pone vicino al letto di Napoleone morente. Si diceva infatti che prima di morire Napoleone avesse chiesto un prete. Ebbene Manzoni, rifacendosi a questa notizia, osserva che forse a tanto strazio: “Cadde lo spirto anelo, E disperò: ma valida venne una man dal cielo, e in più spirabil aere pietosa il trasportò; e l’avviò, pei floridi sentier della speranza, ai campi eterni, al premio che i desidéri avanza, dov’è silenzio e tenebre la gloria che passò.”

La “gloria che passò” non è altro che silenzio e tenebra, ma quel silenzio che si riempie di vita quando è illuminato da Dio, quando apre l’uomo alla dimensione dell’eterno, quando come la discesa dello Spirito Santo nella Pentecoste fa si che l’uomo si ricongiunga, si riconnetta a Dio ed in Dio trovi quel senso che la sua vicenda umana altrimenti gli avrebbe negato.

alessandro mazzini

Alessandro Mazzini è professore di Greco e Latino presso il Liceo Classico Manzoni. Si è laureato in Letteratura Greca con il professore Dario Del Corno presso L’Università degli Studi di Milano. Ha collaborato con riviste di divulgazione culturale e ha insegnato per 10 anni Lingua e Letteratura Italiana e Lingua e Letteratura Greca presso il Liceo della Scuola Svizzera di Milano. Dal 2001 è ordinario di Italiano e Latino nei Licei e dal 2003 ordinario di Greco e Latino al Liceo Classico.

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