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Messina – Zona Falcata, volumi che si spostano e porticcioli, in una città “resiliente”…

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Port.S.FranceescoDiPaola

Con la firma del Patto per la Falce ed il significativo ridimensionamento degli standard in zona Fal 3, l’Amministrazione comunale ha posto delle condizioni importanti al fine di aprire a “scelte progettuali rispettose del luogo e attente ai valori ambientali”. Ma questo modello non può fermarsi qui. Nell’ambito del Piano Regolatore del Porto incombono altri studi di fattibilità su cui il Comune non può restare in silenzio. Inoltre, il comitato Il Mare Negato, che ha posto ulteriori tre condizioni, tra cui il ridimensionamento delle cubature anche in altre zone e che il ritiro del ricorso sia subordinato all’approvazione della Vas, attende risposte. Quanto allo spostamento dei volumi sottratti al terziario nella Falce, suscita perplessità e si offre a commenti negativi la scelta di trasferirli poco più a Sud, nel PIAU di Maregrosso.

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B2rit

“Non c’è nessun conflitto tra l’Autorità portuale e la città, a meno che sulla stessa area un ente voglia realizzare un castello e l’altro una piazza…”. Tanto ci ha detto Antonino De Simone, presidente dell’Autorità portuale, il 23 Gennaio scorso, durante la visita alla Zona falcata, quando furono gettate le basi per il “Patto”. Parole pienamente rispettate allorquando gli balenò più di un dubbio e fece trascorrere del tempo nel recepire le drastiche modifiche apportate dalla giunta Accorinti in zona Fal 3. Un’area “calda”, inizialmente interessata da 126.000 metri cubi di cemento, con previsioni progettuali esagerate ed impattanti: un polo turistico – ricettivo – alberghiero con torri tra 51 e 55 metri, tre soluzioni di porto turistico e tanto altro ancora. Ma superate talune difficoltà, alla fine, sono stati tutti d’accordo: Comune, Autority, Assessorati regionali competenti, Soprintendenza. Tutti, tranne l’Università, o meglio, il rettore Pietro Navarra, “offeso” dalla scelta di Accorinti di far firmare l’accordo interistituzionale al Comune, in Consiglio, invece del Rettorato. Un’ “infrazione” di valenza formale, da protocolli e passerelle anacronistiche e stridenti, in mezzo a tanta urgenza e necessità di fare.

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FronteStretto
Ma andiamo alla sostanza. In zona Fal 2, in cui ricade la Real Cittadella, nulla da eccepire: parco archeologico tra natura, cultura, “riserva d’identità”. In Zona Fal 3, il polo terziario turistico – alberghiero, oggi ex Degassifica Smeb ed Eurobunker, l’Autorità Portuale, in realtà, con le sue maxi-previsioni da studio di fattibilità aveva “rilanciato” prepotentemente, salvo, poi, accordarsi sugli standard del Comune: 25.000 metri cubi in luogo dei 126.000 previsti (il 20 per cento); profondità dei fabbricati 25 metri (così da far rispettare anche i 150 metri dalla battigia); edificazione “discontinua” per permeabilità e varchi in affaccio al mare; altezza massima 15 metri. Niente alberghi né porticciolo; terziario “alleggerito”; aree di rispetto; attività sportive; parcheggi regolamentati. Ed ecco dimostrato come, alla fine, sia stato il Comune a far rispettare il PRP alla stessa Autority che l’aveva redatto e non viceversa: uno tra i paradossi che caratterizzano la vicenda. Questo il PRP: “Altezza massima 4 piani e media effettiva di circa 14 metri (…) al preciso scopo di far rispettare lo skyline”. Nulla sulle fasce di rispetto. Nelle Norme Tecniche d’Attuazione compare, invece, la possibilità di “discostarsi dalle indicazioni della ipotesi progettuale del Piano (…) ma sempre nel rispetto dello skyline”. E allora cosa c’entrano le gigantesche torri di oltre 50 metri? Sono forse in linea con lo skyline, considerati i 40 metri della Lanterna e i 60 della Madonnina? O ancora, come si fa a rispettare uno skyline concependo sia con altezze medie di 14 metri che di 50? Ciò fa rilevare che l’AP non ha considerato il proprio Piano, così redatto, ed è stato il Comune a “ricondurre” l’ente al rispetto degli standard. O, più probabile, è stata l’Autorità a chiedere “troppo”, con la consapevolezza di un possibile ridimensionamento su cui accordarsi ed ottenere il “giusto”. Nella procedura, come criterio, ci si è affidati innanzitutto alla volumetria, nonostante si tratti di un parametro urbanistico di programma e non di recupero di una zona. I serbatoi e gli stabili, in fondo, non erano certo da considerare cubature da recuperare necessariamente altrove. In questi casi si lavora sulle finalità, non sui volumi, che poi scaturiscono di conseguenza. Eppure così è andata: quei volumi verranno trasferiti nel vicino PIAU di Maregrosso, in una zona che pullula di interessi e potenzialità speculative, dove, tra le possibilità ci sarebbe finanche il porticciolo “strappato” alla Falce.

Detto questo, il passo del Comune non può che essere il primo di tanti ancora da compiere, prima di giungere alla meta. Qualunque essa sia. Il comitato Il Mare Negato, intanto, ha posto tre ulteriori condizioni, in pratica, tre “paletti” ben fissati.

Il primo estende il principio oltre le zone fin qui trattate: “Il forte ridimensionamento delle cubature sviluppabili e i vincoli di destinazione pubblica delle stesse devono essere estese anche ad altre aree oltre a quelle denominate Fal 2 e Fal 3”. In particolare, farsi garantire che le cubature dell’area fieristica, restino con destinazione d’uso pubblica, al di là di un loro eventuale trasferimento. Il secondo e terzo punto mettono in guardia dal rischio che il contenzioso per la contesa delle aree della Falce si esaurisca in un nulla di fatto: “Il ritiro del ricorso – scrivono dal comitato – non dovrà essere subordinato alla semplice presentazione del PRP per l’ottenimento della VAS, ma deve essere subordinato all’ottenimento della VAS positiva da parte del PRP che recepirà il contenuto della transazione”. In tutto ciò chiedono che l’AP rinunci all’esecuzione della sentenza di primo grado. “Diversamente operando, qualora il Comune rinunciasse al ricorso e il PRP non dovesse ottenere la VAS – avvertono gli attivisti – si verrebbe a creare l’assurda condizione per cui, dopo 60 anni di immobilismo, il Comune avrebbe rinunciato al contenzioso e perso le aree in cambio di nulla”. I promotori della piattaforma in difesa del waterfront, avevano addirittura chiesto che le loro condizioni venissero inserite nell’Accordo. Adesso, attendono risposte e soprattutto garanzie.

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DeSimone
“E’ necessario, adesso, ricostruire una visione d’insieme che, a partire dalla Falce, possa avviare il recupero dell’intero fronte mare urbano”. Questo si legge nell’Accordo. Fattore prioritario, imprescindibile per i messinesi e la città. Ma c’è da enumerare svariati casi, che vanno dalla Fiera al Baby Park dell’Annunziata. Uno su tutti: lo studio di fattibilità che copre l’intero litorale tra i torrenti Giostra e Annunziata, nel sottoambito funzionale del PRP, WAT 1. Si tratta del Porto S. Francesco di Paola, che dovrebbe essere realizzato una volta “liberata” la rada, con il trasferimento degli approdi a Tremestieri. Già esiste – realizzato ad hoc, con apprezzabile lungimiranza – il lungomare, la Passeggiata Belfiore. Premesso: il Ringo, borgo storico di pescatori, vanta una tradizione marinara che a Messina non ha eguali. Là davanti, un tempo, fiorivano attività di pesca e piccola cantieristica, senza nulla togliere alla vocazione balneare di quella spiaggia in città, con i Bagni “Vittoria” e “Principe Amedeo”. Con la nascita ed il potenziamento del molo S. Francesco, attracco della Caronte & Tourist, tutto questo finì. Restarono solo pesca e semplice diportismo, in atto duramente penalizzati dal restringimento della spiaggia sottratta dal Lungomare. Adesso, ci si prepara al “colpo di grazia”: il porto in progetto trasfigurerebbe tutto. Si salverebbe solo il Circolo del Tennis e della Vela. Sulla carta i tecnocrati rispetterebbero la “vocazione”, ma sarà mare “negato” e “privato”. Su un fronte di 500 metri per 80 di larghezza, un porto turistico, una banchina attrezzata e un porto a secco, su due bacini, alloggerebbero 540 barche. Il porto, il cui costo è stimato in circa 50 milioni di euro, sarà servito da un’area commerciale con un ristorante, bar, negozi, un minimarket e servizi nautici, di noleggio e rimessaggio barche.

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23.1.2016 (2)
E oltre la strada? Ricordarsi che c’è un certo ex Hotel Riviera da “piazzare”, messo in vendita dalla ex Provincia, il cui affare potrebbe intrecciarsi proprio con uno stabile della zona di Maregrosso. Insomma, un’altra storia tutta in divenire in cui l’AP ha incardinato progetti in città e fila dritto, sopra tutto e tutti, e il Comune non può stare a guardare.

Sembra proprio ripetersi la storia della Marina del Nettuno: da un “consolidamento” del muro della Passeggiata venne fuori la banchina con tanto di attracchi.

“L’Amministrazione comunale ha avviato la revisione dei suoi strumenti urbanistici investendo sulla costruzione di un’idea di città resiliente e sicura, e sulla partecipazione dei cittadini”, si legge sempre nell’Accordo siglato lunedì scorso.

Alla luce di tutto ciò, si ha l’impressione che il comitato Il Mare Negato, da qui in avanti, sia chiamato ad affrontare intensi momenti di lavoro.

 

Corrado Speziale

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Port.S.FranceescoDiPaola
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Crocetta(Falce)23Genn2016 (7)
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Accorinti23.1.2016 (3)
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Accorinti2
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23.1.2016
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19.5.2013

 

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