‘Messina per Messina”, “Il viaggio infinito” è il ritorno nella sua città d’origine, dopo decenni di mostre e successi in Italia e all’estero, del pittore Lillo Messina.
Messina – Nome omen, effettivamente. Un nome su cui si gioca anche per il titolo della sua mostra, la prima (eccezion fatta per una piccola esposizione di decenni fa) con cui Lillo Messina si presenta alla sua città. “Messina per Messina”, dunque, si chiama l’antologica che sarà inaugurata al PalaCultura giorno 21 maggio alle ore 18 per concludersi il 26 giugno (lunedì giorno di chiusura, orari di apertura dal martedì alla domenica dalle ore 10 alle ore 13 e dalle ore 16,30 alle 19,30)
Declinata in 96 opere a far data dal 1962 fino ad arrivare al 2016, la mostra è realizzata da “Le Scalinate dell’Arte”, progetto pluriennale con il Comune di Messina come capofila e la società Team Project come partner, finanziato nell’ambito del Po Fesr Sicilia 2007-2013.
Accompagnando le visioni di una vita, l’esposizione recupera all’artista – che ha raccolto riconoscimenti in tutta Italia, inanellando un prezioso apparato critico con cui firme prestigiose (da Claudio Strinati ad Andrea Romolo Barberini) lo hanno seguito anno dopo anno – la relazione umanissima con i luoghi della sua inesausta ricerca. “Obiettivo dell’antologica – spiega Giovanni Lucentini, presidente di Team Project – è quello di far conoscere e finalmente riconnettere alla città natale il grande patrimonio pittorico e culturale di questo artista”.
Nato nel 1941, Messina si è trasferito a Roma nel ’61 per frequentare l’Accademia. E a sottolinearne talento e visionarietà, la sua prima personale è alla Galleria San Marco della Capitale già nel 1964. Seguiranno, da subito, le tante partecipazioni alle Rassegne di Palazzo delle Esposizioni, personali e collettive per tutto il Paese, ma anche all’estero (a Londra, a Mosca), e poi le Quadriennali e le Biennali d’arte di Roma, mentre sue opere entrano nell’editoria (“Le realtà del Fantastico. L’Arte in Italia dal Dopoguerra ad Oggi”, Editori Riuniti) oppure inventano strutture (gli viene commissionata un’opera per il Gasdotto Transmediterraneo la cui illustrazione viene pubblicata sulla rivista “Ecos” a cura dell’ENI). Fino ad arrivare, in anni più recenti, all’antologica al Museo di Roma Palazzo Braschi dal titolo “Il mare dei miti” e alla personale “Il Mare Oltre” nelle sale del Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo a Roma.
Un “viaggio infinito”, come lo definisce, nel sottotitolo di mostra e catalogo, il curatore dell’antologica messinese, Mosè Previti. “Maestro dalla grandissima tecnica pittorica, dal 1992 Lillo Messina lavora intorno al tema dell’isola. I suoi dipinti sono paesaggi fantastici di isole dalle forme geometriche e metafisiche immerse in mari iridescenti di grande forza poetica. Queste terre fantasmagoriche hanno tutte un’unica radice iconografica: il porto di Messina e la sua caratteristica Falce. Se negli anni ’80 la sua pittura iperrealista sembrava ispirarsi al mondo marinaro delle spiagge messinesi, tra bitte, rifiuti e strani uccelli, la pittura degli anni ’90 sancisce definitivamente il ritorno ideale alla città, manifesto potente un amore mai ricambiato. Una pittura così bella, metafisica e al contempo familiare – conclude il curatore – risulta oggi nutriente e rigenerante per l’angusto e spesso irriconoscente ambiente cittadino”.
1941
Nasce il 19 gennaio a Messina e trascorre la sua infanzia e la sua giovinezza in una frazione situata proprio sulla spiaggia, Paradiso. Il legame con il mare, la cui presenza era così fisica e forte, è stato reso ancor più intenso dalla tradizione famigliare: il nonno, il padre e gli zii, erano tutti uomini di mare. Nella stessa città inizia gli studi artistici presso l’Istituto d’Arte, proseguiti poi a Reggio Calabria.
1961
Si trasferisce a Roma per frequentare l’Accademia di Belle Arti seguendo l’indirizzo in Pittura e avendo come insegnanti, dapprima Pippo Rizzo e in seguito Mino Maccari. Parallelamente agli studi accademici, inizia la sua ricerca artistica. Sono i primi quadri romani, riconducibili ad un frammentarismo di campiture, paesaggi, figure, scene urbane, nature morte, dove la luce penetra nell’immagine sfocando i contorni nella forma e nel colore.
1964
Presso la Galleria San Marco di Roma tiene la sua prima personale il cui testo critico del catalogo è presentato da Renato Civello che coglie in modo diretto ed immediato il significato di queste prime opere: “Cantare col colore sulla riluttanza delle forme”. Una innocenza aurorale dell’essere che lo spinge verso un innovamento che non ripudia il passato. Il suo concetto del dipingere si acclama nell’area del Figurativismo europeo salvandosi dalle equazioni del sovrasenso e dalle calligrafie domenicali.
1965
Partecipa al Palazzo delle Esposizioni di Roma alla V Rassegna di Arte Figurativa di Roma e Lazio curata da Durbè, Ferrari e Menna.
1967
Prende parte alla II Rassegna Nazionale di Arte Figurativa – Il Lavoro Italiano – Palazzo delle Esposizioni di Roma.
1969
Inizia una lunga serie di mostre personali che lo portano in varie città italiane. Si apre per Messina un nuovo ciclo pittorico. Sono le Cattedrali Nere, i Totem, gli Specchi Magici. Nella presentazione al catalogo per la mostra tenuta alla Galleria d’Arte Moderna di Grosseto, Ugo Attardi scrive: “[…] accorrere e gridare che ci riporta appunto alla lotta, ci dice di un destino pieno d’affanni e si intuisce il trascorrere del tempo, il mutare della materia e dello spirito. E tutto accade e si raffigura contro e sotto un cielo senza limiti antico e futuro: idea-immagine: sentimento di grandezza, di certezza e delusione”. E ancora di Genova nello stesso catalogo: “dal Medio Evo in poi la pittura combatte contro i mostri. Dapprima contro i condizionatori mostri della coscienza, poi anche contro gli oppressori mostri della società. Grosso modo i binari su cui procede questa lotta corrono da un lato da Bosch a Ernst, dall’altro da Goya a Picasso. La pittura di Lillo Messina procede proprio in questa direzione, ma si riallaccia alla lotta contro mostri interiori più che a quella sgorgata dall’Illuminismo contro i mostri costimiti del potere politico, religioso, economico. Non è quindi contro il sonno della ragione generatore di mostri che Messina intende lottare, ma contro quei mostri che albergano nel profondo dell’io, atavici residui di un Medio Evo duro a scomparire a livello della coscienza. È quindi Hieronymus Bosch la radice lontana della pittura di Messina”.
Nello stesso mino partecipa alla V Rassegna Nazionale di Arte Figurativa: Il Lavoro Italiano; nuovamente al Palazzo delle Esposizioni di Roma.
1970
La Galleria Ciovasso di Milano ospita la personale di Messina. Emilio Sidoti nella presentazione al catalogo della mostra scrive: “[…] il colore dichiara sempre la componente affettiva di un artista ed è lo specchio fedele della sua spontanea sensibilità e ciò vale anche per Messina. I suoi colori così invitanti e gioiosi, nonostante le intenzioni drammatiche dell’autore, ci dicono subito che Messina non è fatto per esprimere il no dell’esistenza”. Nello stesso anno espone alla Galleria Schreiber di Brescia. Recensisce sul Giornale di Brescia Elvira Cassa Salvi: “In quella zona attualissima di una nuova pittura lucida e insieme surrealistica, in polemica con un mondo in balia dell’enigma tecnologico, il giovane siciliano Lillo Messina, si inserisce con il suo accento originale. Vivacissimo e gaio, in contrasto con il senso delfincubo e di minaccia incombente, soprattutto dagli spazi siderei. Messina riesce aduna rappresentazione insolita dell’alienazione moderna. Non ancora trentenne egli rivela una non comune capacità di chiarezza, di evidenza immaginifica”.
1971
Viene invitato all’XI Premio Nazionale Capo d’Orlando ed in seguito a Torino alla mostra “Cento Pittori per il Socialismo” a cura di Mario De Micheli.
1972
Personale alla Galleria II Molino di Roma, a cui segue una alla Galleria Valguamera di Bagheria e infine un’altra personale a Catania nella Galleria II Punto. Le opere di questoperiodo sono di un surrealismo disperato attenuato dalla tradizione grafica ed è giusto che sia così data l’età dell’artista che non gli consente ancora di mettere bene a fuoco il sentimento odio-amore verso il mondo.
È per questo che i mostri di Messina ora hanno qualcosa d’ironico che libera il fruitore dell’angoscia del primo contatto. Evidentemente l’artista siciliano, lontano dalla sua terra, ha cozzato contro l’aspetto più deleterio della civiltà tecnologica. Ne è rimasto incenerito. Se avesse dipinto i tramonti rossi di Sicilia, le montagne colorate da costoni di ginestre, avrebbe usato gli stessi passaggi cromatici che oggi utilizza per rendere fulminea l’ansia che l’opprime.
1973
Espone a La Nuova Pesa di Roma, prestigiosa Galleria degli anni sessanta. E’ una mostra ricca di opere di grandi dimensioni basate sul tema dell’ecologia. Fra esse, nell’iconografia proposta l’essere vivente, i cui segmenti combaciano con i prodotti del più asettico design ha ancora natura umana, ma è già marcato in modo irrimediabile da una serie di mutazioni imposte dall’ambiente. Una sorta di continuazione del discorso del poltronuomo propostici da Alberto Savinio, lo spettacolo cioè di una forma e di una sostanza acquisita da esseri divenuti monumenti a loro stessi, immedesimati con gambe e braccia nel domestico piedistallo di ima sia pur maestosa poltrona di quegli anni. Nel retablo di Messina l’uomo-individuo si rilascia, si stende, come obbedendo ad im dovere secondo im rituale sempre più rigido, anche se invogliarne. Deve pensare di essere l’individuo meglio rilasciato, nella migliore poltrona, del migliore alloggio, dinnanzi al più fascinoso schermo colorato su cui, per il suo non pensare, passano vaghissime immagini di mondi remoti. E tuttavia nel fondo, egli sa che nella stessa casa, in quella accanto, nell’altro capo della città o del globo, un altro essere, milioni di altri, si allungano su uguali poltrone, dinnanzi ad uguali schermi, di cui muta solo l’effimero colore.
1974
Oltre a varie mostre in diverse città italiane, espone per la prima volta alla Bedford House Gallery di Londra. Recensisce la mostra Max Wykes-Joyce sull’Intemational Herald Tribune: “[…] strano, eppure perfettamente concluso modo di dipingere un paesaggio talvolta campestre, talvolta marino, dove appaiono ora animaleschi esseri o volatili, ora ombre umanoidi. Macchine inusitate, apparentemente abbandonate, o loro componenti, aggrediscono violentando un dolce paesaggio erboso. Queste componenti giostrate abilmente per giungere ad ima soddisfacente visualità che suggerisce interdipendenza e mutua indifferenza fra tutti i suoi elementi. Una pittura metafisica suscitante un interesse curioso pur sempre nel quadro di una tradizionale filosofia italiana”. Partecipa, di seguito, alla Mostra “Giornate Italiane a Mosca e nell’URSS”.
1975
Viene invitato dal critico Giorgio Seveso in collaborazione con la Galleria Ciovasso di Milano alla Mostra “Trent’anni dopo – Pittori italiani per la Resistenza”. Giorgio di Genova inserisce l’opera di Messina nel volume “Le realtà del Fantastico. L’Arte in Italia dal Dopoguerra ad Oggi”, Editori Riuniti. Nello stesso amio partecipa con tre opere di grandi dimensioni alla X Quadriennale d’Arte di Roma al Palazzo delle Esposizioni.
1976
E’ un anno particolarmente attivo e ricco di personali tenute a Lamezia Tenne, Livorno, Mantova, Roncoferraro (MN), Parma, Milano e infine per la seconda volta a Londra. Scrive Pierre Rouve presentando l’artista in catalogo: “Messina rimane dunque entro i confini del reale: l’eccessiva dose di realtà è iniettata attraverso una calligrafia ipnotica; ciò che è dipinto acquista un nuovo significato attraverso il modo in cui è dipinto. L’esattezza genera incubi. L’isolamento concepisce la desolazione. Tutte le allusioni vitali sono prosciugate dalla durezza innaturale delle cose naturali. “La vraie vie est absente”, da questo coacervo di immagini spezzate alla bassa marea “quando l’acqua si ritira”: Rimbaud si incontra con Elliot nella “terra deserta” di Lillo Messina che è anche la sua privata stagione all’infemo: natura snaturante”.
1977
Mostra alla galleria il Grifo di Roma nella cui presentazione Mario Lunetta sottolinea: “[…] pittura dunque solo in apparenza contemplativa quella dell’artista siciliano: pittura in realtà generosamente fredda. Atto al tempo stesso creativo ed analitico come ha da essere ogni operazione intellettuale degna del nome. Perché valga il vero si veda come di quadro in quadro, Messina metta in discussione le certezze acquisite nella fase precedente a livello formale sulla linea di un’interrotta alterazione degli equilibri raggiunti”. Il Centro d’Arte Condor di Palermo ospita ima sua personale.
1979
Dopo aver esposto a Bologna, presso la Galleria San Paolo e successivamente a Roma presso la Galleria il Grifo, inizia un altro intenso periodo di confronto con numerose personali tenute in altrettante città fra cui ancora Bologna, Cosenza, Reggio Calabria e Città di Castello. La sua personalità artistica è chiaramente matura, attraverso il colore che sottolinea con la sua sensuale incisività l’imponenza della forma, essendo l’unica voce di questa, i simboli dell’universo di Messina sono allo stesso tempo tanto calmi, quanto inquietanti.
1983
Gli viene commissionata un’opera per il Gasdotto Transmediterraneo la cui illustrazione viene pubblicata sulla rivista “Ecos” a cura dell’ENI. Il mare, già presente nelle sue opere sin dalla metà degli anni settanta, diventa sempre più forte come elemento narrativo. È soprattutto elemento poetico che scioglie l’artista dal legame con la precedente simbologia di carattere surrealista, come Messina dipingeva a cavallo tra gli anni sessanta e settanta. Un surrealismo che, attraverso un suo personale codice, lo aveva portato a “raccontare” tra una sorta di bizzaria ed un’esasperazione che non lasciava mai posto, però, al caos emotivo. È in modo sempre più evidente che il mare muove i fili della sua pittura come se lo esortasse, sempre più intensamente, a spingere l’occhio e la mano oltre, per cercare e trovare chissà quale stato d’animo, quale immagine o quale pezzo mancante. Ed è il mare adesso, il protagonista assoluto.
1984
La Galleria Cà d’Oro di Roma allestisce una sua personale. Franco Solmi presentando l’artista, scrive: “Questo affascinato viandante può ben trascorrere dalle regioni di un mito antichissimo e quasi inenarrabile alle spiagge perdute dell’oggi, ove si incastrano relitti di immense superbie tecnologiche, generanti forme di diavolicchi meccanici. Lo fa portandosi l’incubo di cieli di cristallo, di mari tersi, di luce minerale, di terre ove il verde si impasta con gialli violenti e arde di rossi nascosti. Terre d’isola, voglio dire, sulle quali il sapore di favola grava, spesso è vetrificato, come nelle pitture di leggenda popolare”
1985
Viene invitato dal Centro Arti Visive Modigliani di Scandicci (FI) alla mostra “Omaggio a Dino Campana – Sulle orme della chimera”. Nello stesso anno partecipa alla Rassegna d’Arte “Pittura nell’area meridionale” presso il Museo Civico di Rende (CS).
1987
Prende parte dapprima alla mostra “Voglia di Pace – Autori contro la violenza”, presso il comune di Marzabotto (BO) e di Sesto fiorentino (FI), successivamente al Premio di Pittura “Le città della Magna Graecia” – Rossano (CS).
1988
Dopo la partecipazione al Premio Internazionale di Pittura e Grafica – Ibla Mediterraneo, comune di Modica (RG), il comune di Alia (PA) allestisce ima sua personale nelle sale della Biblioteca Comunale. In seguito interviene alla I Rassegna di Scultura e Pittura nell’area Mediterranea, Riposto (CT).
1989
Partecipa alla Rassegna “Presenze Siciliane” al Complesso Monumentale San Michele a Ripa in Roma a cura di Claudio Strinati, Sergio Rossi e Gianfranco Proietti. La Galleria La Gradiva di Roma ospita una sua personale dal titolo “In Viaggio con Ulisse”. Sono opere prevalentemente di grandi dimensioni, un’avventura dolcissima tra metafora e realtà. È attraverso la simbologia di questa figura mitologica che l’artista si esprime. Ma è una mitologia che trascende la mitologia stessa, intesa cioè in senso classico. È una mitologia del quotidiano dove “l’eroismo parte dal reale che ci costringe”. “[…] Eroico perciò è il dubbio che martella nell’anima, la sfinge di sempre, l’impossibilità di riconnettere l’economia del visibile, non importa se familiare o eterodossa, ai preordinati congegni del mistero cosmico”, come lo stesso Civello scrive nel catalogo. E qui l’eroe di Omero e quello di Dante si identificano con l’Ulisse di Joyce. L’eterno vagare per tornare alla propria terra, la sete di conoscere che spinge oltre, diventano il vagare dentro se stessi per cercare ima verità, isola-boa, che giustifichi il nostro essere quotidiano. Tutto questo attraverso immagini pittoriche che tecnicamente, con una più approfondita lettura, non possono essere considerate solo appartenenti ad un discorso di iperrealismo. Domenico Guzzi scrive: “[…] non saremmo nel giusto valutando rimmagine del pittore secondo le cadenze di certa iperrealtà. E qui il pensiero si volge non tanto agli americani, ma piuttosto, a quei tedeschi del gruppo “Zebra” che pur mantenendo stretto il rapporto obiettivo non ne han fatto elemento esclusivamente ossessionante. Per ragioni di cultura di area, in una parola di sensibilità europea. Messina appartiene a quell’area di artisti che saremmo tentati di dire semplicemente della verità. Sempre, comunque, passata al filtro dell’analisi intellettuale”. Nel recensire la mostra Dario Micacchi parla di “pittura di trapassi sottili da stato d’animo a stato d’animo: tagli netti di sagome e colori che irradiano luce nella luce cosmica. Lo sguardo del pittore è penetrante, ossessivo, afferra i fili d’erba ed i fiori cresciuti tra pietra e pietra; gli oggetti lasciati sulla sabbia o sul molo, le corde lacere o nuovissime, i gabbiani alti nel cielo, ed i gabbiani in turbini che si posano qua e là. La visione è netta, neometafisica. Il senso del tempo struggente; la nostalgia di un’età incontaminata assai forte”.
1992
La Galleria Cà d’Oro invita l’artista al IV Salone d’Arte Moderna e Contemporanea “Arte Roma ‘92” per la realizzazione di una delle Wunderkammer, chiamata “Il mare nella stanza”, che in seguito sarà esposta nelle sale della galleria stessa. Il pittore realizza alcune opere appositamente create per un ambiente, un curioso e raffinato gioco tra oggetti di metallurgia marinaresca (oblò, maniglioni, radance) ed immagini pittoriche. Attraverso questa sorta di osmosi si instaura un rapporto particolare tra le opere ed il fruitore dove il gioco tridimensionale assume lo spessore di qualcosa di vivo e reale grazie al recupero di questi elementi e del loro vissuto. Ed è chiaro anche, la voce stessa delFartista che sul catalogo presenta improprio componimento poetico lo afferma, cosa sia l’isola-boa, cosa rappresenti. E un approdo, una possibilità di riscatto “lungo la rotta tracciata dalla mente per cancellare il grigio e le paure”.
1993
Il Museo di Roma Palazzo Braschi ospita una sua antologica dal titolo “Il mare dei miti” che raccoglie circa 60 opere, prevalentemente di grandi dimensioni. Il testo in catalogo è di Claudio Strinati. Indubbiamente la precedente personale di Lillo Messina ha rappresentato imo scatto in avanti dell’artista nella sua ricerca. L’impatto con l’accelerazione cromatica è forte ma questa non segna una rottura con il suo passato artistico. Ne rende evidente invece il filo conduttore. Se gli inizi erano segnati dal “cantare col colore sulla riluttanza delle forme”, ora questa riluttanza diventa altra forma a cui, come tutte le forme dell’immaginazione, corrisponde un’accelerazione emotiva che in uno spazio libero dalle rassicuranti coordinate della nostra realtà, trova continuo respiro e non sgomenta. Un’accelerazione anche intellettuale che, se dapprima sembra cercare il vero, poi comprende che il proprio vero, come dichiara Strinati, è la verità della visione.
1994
Espone alla M.G.P. Arte Contemporanea nel cui spazio viene introdotta dal coreografo Atha Atziioannoy ima performance di danza in cui ogni danzatore-isola, realizzata sul costume dall’artista stesso, cerca la propria forma e il proprio colore attraverso una ricerca gestuale che scompone e ricompone gli equilibri e le simmetrie spaziali delle sue opere.
1998
Dopo aver esposto a Roma nel Museo del Risorgimento per la rassegna “L’isola dipinta-Sicilia cinquantanni di Natura e Paesaggi” curata da Aldo Gerbino, il Comune di Piombino, in collaborazione con il Centro di Iniziativa per le attività culturali, organizza una sua mostra nelle sale di Palazzo Appiani dal titolo “Mare ‘oltre’ mare” con circa 50 opere prevalentemente di grandi dimensioni. Aldo Gerbino presentando l’artista scrive: “ Una sorta di foga dell’emersione trascina con sé Lillo Messina e la sua memoria, una natura acquea lo sospinge e lo travolge gioiosamente, ludicamente, con i suoi frammenti biologici, fatti di improbabili radiolari, pigmentati oggetti organici, disposti da una mano invisibile e decisa nel vortice del caos: Ed è in questa spirale magmatica e ancestrale, incantevole fiamma sprigionata tra cielo e mare, a trovare la sua sostanza tra gli elementi germinativi, a popolare il desiderio che vigila e cova nel cuore di
questo artista mediterraneo.”
2003
Espone a Montesilvano, presso le sale del Palazzo dei Congressi, una mostra dal titolo “Mirabilis Insula Pietà”, pittura isola delle meraviglie. Ed è l’accentuarsi dello stupore, dell’attimo di sospensione neH’incontro con il quadro, della sensazione fisica del muoversi da un’isola a un’altra come se si fosse in volo, posandosi di tanto in tanto. Un volo calmo e silenzioso. L’impatto con il lavoro di Messina è prima di tutto fisico e poi intellettuale. Con il rigore e la nitidezza delle immagini ci racconta la sua necessità di continuare a cercare la sua isola che non ha ancora trovato e che sicuramente non vuole trovare; l’isola del desiderio è l’isola che non deve essere. E’ palesemente una pittura che si snoda come un viaggio, ma se si parte per tornare, ciò che significa ritorno per lui è il riappropriarsi di certezze che si avevano prima di partire filtrate dall’esperienza. Ora l’artista osa di più nell’impaginazione del quadro, come confermano
anche le seguenti mostre a Roma nel 2004 e Castrovillari nel 2005. E’ concentrata sul particolare piuttosto che sull’intero, focalizzandolo vuole suggerire qualcosa oltre la tela, si perdono le forme di facile individuazione e l’isola diviene ancora più astrazione. Il lato cromatico è nuovo, come gli aranci e i viola ad esempio, e i colori sono a vasta campitura, per dare, forse, più respiro, forza e slancio a questo viaggio infinito.
2008
La personale “Il Mare Oltre” nelle sale del Museo Nazionale di Castel Sant’Angelo a Roma, circa 40 opere dell’ultimo decennio, rappresenta un approdo significativo nel suo percorso artistico. Il punto di osservazione dei luoghi del suo immaginario è definitivamente aereo e questo induce ad una calma accettazione dell’ineluttabilità di questo viaggio infinito. Una sorta di giusta distanza in questo volo che in alcune opere però sorprende chi guarda dando la sensazione di un possibile improvviso atterraggio. Come lo definisce Claudio Strinati, è diventato un pittore geografo. Visioni tecnicamente precise e ineccepibili ma modificate da un afflato poetico che vuole esprimere la suggestione visiva in una specie di sogno. Sempre fedele ad una tecnica pittorica forte e accurata, attraverso una vivace e continua ricerca cromatica, crea un itinerario in cui ognuno può riconoscere una forma-isola che può accoglierlo per un po’ prima di riprendere il volo. C. Fabrizio Carli sottolinea come queste inquadrature marine e pietrose siano sospese tra dimensione fantastica e mitica, tra fiaba e metafore. All’artista molto più delle contingenze temporali stanno a cuore le grandi sfide dell’homo perennis, quelle che dell’uomo mettono a nudo grandezza e fragilità. E sono proprio queste sfide il motore del viaggio di Lillo Messina.
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